giovedì 8 dicembre 2011

Da Gela contro la mafia

Fonte: Peacereporter.net
Di Stella Spinelli
 
Ignazio Giudice è segretario generale provinciale della Fillea Cgil di Caltanissetta e ci racconta la mafia oggi, la lotta di tanti siciliani per sconfiggerla e le troppe connivenze che la rendono dura a morire
 
Ignazio Giudice, sindacalista, siciliano e contro la criminalità organizzata. Raccontaci la tua lotta quotidiana....
Mi piacerebbe parlare di impegno per la legalità, affermazione dei diritti, sostegno quotidiano a favore della cultura del lavoro. Tutto questo spesso in Sicilia si è trasformato in lotta contro la mafia. E' accaduto che metter piede in un cantiere non faccia dormire boss mafiosi, chi fa affari con loro e chi, "distrattamente", li copre.
In ogni battaglia ci hai sempre messo il cuore e soprattutto la faccia. E le minacce non sono mancate. Non hai mai avuto paura?
E' bello, e non accade ogni giorno, impegnare il proprio cuore e la propria faccia per tanti altri cuori e tante altre facce, metafora di tante esistenze di lavoratori e lavoratrici che ogni giorno ti danno fiducia ma che, come giusto che sia, non sono disposti a regalartela. Ho scelto l'impegno sindacale, nella società, tra la gente della mia terra, e non posso, oggi, tirarmi indietro, non lo farò per nessuna ragione al mondo. Ho ricevuto tante minacce, una anche davanti a un bar della mia città e non mi sono mai arreso. Quel giorno, davanti ai clienti di quel locale attoniti, parlando sopra alle urla di chi mi augurava quanto di peggio possa accadere alla mia vita, ho risposto che la denuncia del giorno prima (motivo delle minacce del giorno dopo), era più che fondata e che non sarebbe stata l'ultima. E cosi è stato. Ricordo ancora cosa dichiarò a una giornalista del giornale La Sicilia, un imprenditore di Paternò che a Gela doveva costruire un parcheggio per conto del Comune dopo che io denunciai sui giornali locali ciò che di illegale accadeva nel suo cantiere: annunciò una querela per diffamazione. Ecco, a distanza di 4 anni, attendo ancora quella querela. Nel frattempo, l'impresa è stata cacciata dall'appalto per contaminazione mafiosa. Ed è stato il Comune di Gela a sbatterla fuori. Una piccola vittoria, certo, ma inutile se poi la stessa impresa non paga gli arretrati ai lavoratori e per giunta concorre e si aggiudica altri appalti fuori dal comune. Se un'azienda è in odor di mafia lo è sempre e ovunque, questa è una scelta da cui non si torna indietro.
Se ho paura? La paura è una delle compagnie che ti fa ricordare che denunciare e proporre è la responsabilità che ti sei assunto. La paura è nient'altro che una condizione umana.

Come sta Cosa Nostra?
Dovremmo chiederlo "ai medici" che se ne prendono cura. Ai tanti che fanno finta che Cosa Nostra non esista, che non sia in molti cantieri, nell'imposizione delle forniture, nelle assunzioni in nome della quiete sociale. E' meno forte di prima, certo, e questo grazie alle forze dell'ordine, ai magistrati che infliggono pene pesantissime e anche a poche ma necessarie istituzioni democratiche e politiche che schierano le proprie intelligenze e le energie in modo netto contro il crimine e l'economia controllata. Ma se dovessi giudicare la salute di Cosa Nostra e delle mafie in relazione agli obiettivi del Governo nazionale - che ora intende persino assumere provvedimenti legislativi per indebolire l'uso delle intercettazioni, strumento indispensabile per la lotta alla mafia - allora dovrei pensare che la mafia è un lontano ricordo, perché non compare fra le priorità dell'Esecutivo. Eppure la Mafia è viva e vegeta e il numero dei politici inquisiti e/o già condannati per reati pesantissimi è uno dei più brutti esempi che il nostro paese sta dando. C'è molto da fare e ciò non può essere fatto solo dai magistrati. 

E la Sicilia?
Sono legato da una profonda stima all'attuale Presidente dell'associazione nazionale magistrati di Caltanissetta, Giovanbattista Tona, e faccio mia una sua riflessione a proposito della Sicilia e della lotta alla mafia da parte di tanti siciliani. Il giudice Tona afferma: "Quella che da altre parti sarebbe stata definita un'autentica guerra civile, io da ragazzo la vivevo come qualcosa di inaccettabile con la quale sembravamo condannati a convivere; fu questo a far scattare in me la voglia di essere protagonista del mio futuro e di quello della nostra terra". Ecco, siamo tanti i siciliani interessati al nostro futuro e per averlo, dando un senso alla vita e all'esistenza, dobbiamo indebolire ciò che è morte e mortificazione delle coscienze. La Sicilia ha un cuore che pulsa in memoria dei tanti caduti nel cammino di liberazione dalla violenza e dal ricatto, ma è anche terra di potenti latitanti e affaristi, e sono convinto che i giovani, anche attraverso i social network, stanno ridisegnando una nuova regione nella quale restare per migliorarla. La natura ha regalato tanto alla Siciliaiani, penso alla storia, ma anche al mare che amo, a noi giovani il compito di non abbandonarla e farla ripartire.

Parlaci delle tante associazioni di base che lottano contro la mafia. Quale salvi e perché? E chi ritieni sia, invece, criticabile?
Partiamo dalla fine della domanda. E' criticabile l'associazione non coerente con i propri fini statutari e sociali, che dice una cosa e opera per fare l'esatto opposto, insomma l'incoerenza crea imbarazzo e non poco, credo che l'incoerenza sociale debba essere isolata e denunciata, perché si trasforma in virus contagioso. Un esempio? Salvo il sindacato che parla di mafia nelle relazioni congressuali e che se incontra mafiosi in un cantiere li denuncia e si rifiuta di iscriverli nel rispetto dei lavoratori onesti e della missione di tutela della legalità su cui si fonda il sindacato. Salvo le associazioni di imprenditori che denunciano la richiesta di pizzo, l'usura e hanno i lavoratori (dalle segretarie agli operai), in regola nel pieno rispetto del contratto nazionale di lavoro. Salvo le associazioni antiracket che si costituiscono parte civile ai processi e che hanno iscritto tra gli associati operatori economici che non hanno lavoratori in nero o part - time che invece lavorano tutto il giorno. Insomma, la domanda è molto interessante e potrei continuare, ma ciò che muove il ragionamento e quindi la scelta etica a favore della legalità è la coerenza e successivamente la convenienza, motivo per cui condivido il sostegno economico agli operatori economici vittima del racket e/o dell'usura. Ora dobbiamo pensare a chi risarcisce i lavoratori vittime di imprese confiscate che spesso l'indomani muoiono, o lavoratori che aiutano nei cantieri a denunciare l'illegalità. Dobbiamo far sì che la legalità convenga. Nel contrasto alla mafia l'equità sociale di trattamento è un obiettivo da perseguire.

Hai una ricetta per una Sicilia, un'Italia, un mondo migliore?
Sarei presuntuoso ad affermare di avere una ricetta, certo ho tanti pensieri per la Sicilia, regione che amo, e per l'Italia, paese per il quale stravedo. Sin dalle scuole elementari ti viene chiesto "cosa è per te un mondo migliore" e negli ultimi anni, leggendo molto, penso che una delle più belle risposte venga fornita da Immanuel Kant a proposito dell'uomo e della bellezza: agisci in modo che ogni tuo atto sia degno di diventare ricordo". Credo che noi siciliani, a partire da Gela, dobbiamo impegnarci in tal senso, in modo da dimostrare di voler contribuire a costruire un mondo migliore. Altrimenti saranno vite senza traccia. Io di ricordi mi nutro.

lunedì 5 dicembre 2011

"Amianto e metalli pesanti nei lavoratori e in atmosfera". Parlano i tecnici. VIDEO

Fonte: Visionedioggi.it
Di Rosario Cauchi

Metalli tossici, dal vanadio al nichel, presenti non solo nel bulbo dei capelli di diversi operai della fabbrica Eni ma, ancora, negli ortaggi: così come nei camini dello stabilimento e nelle centraline di rilevamento presenti in città.

Ricerche e analisi sono state realizzate da tecnici locali, spesso anche a sostegno delle indagini condotte dalla Procura della Repubblica di Gela.

“Abbiamo appurato - dice Paolo Scicolone - la presenza di metalli pericolosi nei campioni di bulbi dei capelli di almeno 70 operai dello stabilimento, analizzati in un laboratorio di Reggio Emilia, altamente specializzato. Le stesse tracce, però, sussistono in campioni di ortaggi e, inoltre, nei camini di scarico della raffineria e nei dati prodotti dalle centraline di rilevamento. Ovviamente, potrebbe essere un caso. Ma, di certo, questi metalli tossici esistono nell'atmosfera di Gela”.

Una correlazione fra l'attività industriale e il ritrovamento di metalli pesanti? “Purtroppo - dice l'esperto in scienze ambientali Andrea Virdiano - non è così semplice individuare un nesso di causalità fra la presenza industriale e i dati da noi rilevati. Proprio per questo motivo, anche i processi penali non hanno avuto l'esito atteso da molti lavoratori e lo stesso dicasi per le cause civili".

Metalli pesanti e amianto che rimangono al centro dei pensieri e delle vite di tanti lavoratori della fabbrica Eni, e non solo.

 
“Normalmente - ammette ancora Scicolone - metalli pesanti sono presenti anche nei campioni biologici di cittadini di altri comuni, ad esempio del Nord Italia. Ma, in quei casi, le percentuali sono davvero basse. Nichel e vanadio possono rintracciarsi in un caso su cento. Tra gli operai gelesi, invece, il nichel individuato dai laboratori era presente in 57 casi su 70 e il vanadio in 42 di loro”.

Altra tegola ancora non riparata è quella dell'amianto.

“Il problema per i lavoratori che non hanno ancora ottenuto il riconoscimento dei contributi per la loro esposizione all'amianto - dichiara Giovanni Failla dell'Inail - deriva dal fatto che nessuna azienda di Gela, dalla più grande alla più piccola, si è mai assicurata contro questo rischio. Quindi, nessun dirigente ha mai ritenuto opportuno pagare un premio più elevato del normale per garantire i propri dipendenti”.

I casi e le storie sono molteplici: per anni sottoposti all'amianto e, ancora oggi, privi del riconoscimento da parte dell'Inail.

“Stiamo parlando - commenta l'avvocato Ezio Bonanni che segue molti operai - di un problema enorme. I tecnici della Contarp che, per conto dell'Inail, seguono questi casi, hanno sempre dichiarato che l'amianto nello stabilimento petrolchimico di Gela è scomparso fra il 1992 ed il 1993. Le inchieste giudiziarie, invece, ci dicono ben altro. Gli operai esposti continuano a morire e in pochi se ne accorgono. Noi, adesso, non escludiamo neanche l'avvio di un'azione penale nei confronti di questi tecnici che, a mio parere, negano l'evidenza”.

Sarà, quindi, ancora molto lunga la battaglia intrapresa da quegli operai che, a differenza dei loro colleghi, hanno ancora la possibilità di combatterla.
 

In Italia sale divario sociale. L'Ocse, "ricchi sempre più ricchi"

Fonte: Ansa.it

In Italia la diseguaglianza tra i redditi piu' elevati e quelli piu' bassi cresce, e resta ben al di sopra della media dei Paesi occidentali. Lo rivela l'Ocse, in un rapporto su crisi e divario sociale. Nel nostro Paese, scrive l'organizzazione, lo stipendio medio del 10% piu' ricco e' oltre 10 volte superiore a quello del 10% piu' povero (49.300 euro contro 4.877). Inoltre, la quota di reddito nazionale complessivo detenuta dall'1% piu' ricco e' passata dal 7 al 10% negli ultimi 20 anni.
Inoltre, scrive ancora l'Ocse, si e' ridotta la mobilita' sociale per matrimonio: sempre più persone si sposano con persone con redditi da lavoro simili ai loro, cosa che ''ha contribuito ad un terzo dell'aumento della disuguaglianza di reddito da lavoro tra le famiglie''.
Cala invece la capacita' dei servizi pubblici (sanita' e istruzione) di contribuire alla riduzione delle disparita', mentre aumenta il ruolo di sussidi sociali e imposte sul reddito nella redistribuzione della ricchezza, superiore alla media Ocse. In questo contesto, conclude l'organizzazione parigina, ''a sfida principale consiste nel creare posti di lavoro qualitativamente e quantitativamente migliori, che offrano buone prospettive di carriera e la possibilità concreta di sfuggire alla povertà'', dato che ''l'occupazione è il modo per migliore di ridurre le disparità''. Per quanto riguarda invece le politiche fiscali, l'Ocse rileva che ''la quota crescente di reddito per la popolazione con le retribuzioni più elevate suggerisce che la sua capacità contributiva è aumentata. In tale contesto, le autorità potrebbero riesaminare il ruolo redistributivo della fiscalità onde assicurare che i soggetti più abbienti contribuiscano in giusta misura al pagamento degli oneri''.

ALLARME DISEGUAGLIANZE, TIMORI PER CLASSI MEDIE - Le diseguaglianze di reddito tra ricchi e poveri crescono in tutto il mondo, nelle economie emergenti ma anche ''in Paesi tradizionalmente egalitari'' come quelli scandinavi, e l'insicurezza economica tocca sempre piu' le classi medie. E' l'allarme lanciato dall'Ocse, in un rapporto su crisi e aumento del divario sociale. ''La crisi economica ha reso urgente l'occuparsi di temi politici legati alla diseguaglianza - scrive l'organizzazione - l'impatto sociale si sta rivelando in molti Paesi. I giovani che non vedono alcun futuro si sentono sempre piu' disconosciuti dalla societa', e oggi si uniscono a manifestanti che credono di stare pagando il prezzo di una crisi di cui non hanno colpa, mentre i piu' ricchi sono stati risparmiati''.

lunedì 21 novembre 2011

"Non possiamo parcheggiare insieme ai dipendenti Eni". Denuncia dell'indotto

Fonte: Visionedioggi.it
Di Rosario Cauchi

In molti, questa mattina, davanti ai cancelli della raffineria di Gela parlavano di razzismo, di doppio trattamento, di scarsa considerazione.
Opinioni, anche veementi, raccolte fra i tanti lavoratori dell’indotto Eni che, proprio all’inizio della loro giornata, si sono trovati di fronte ad un’inattesa sorpresa.

Non era possibile, per loro, accedere al parcheggio di moto e motorini: l’autorizzazione, attraverso uno speciale cartellino, spettava esclusivamente
ai lavoratori del diretto, ovvero ai dipendenti Eni, e non a quelli delle ditte che lavorano per conto della multinazionale all’interno della fabbrica.
Il motivo del divieto di accesso non è stato comunicato né agli operai né ai sindacalisti.
“Davanti a queste forme di razzismo sul posto di lavoro – commenta uno dei molti lavoratori davanti ai cancelli dello stabilimento – non si può che rimanere basiti. L’Eni ci tratta come esseri inferiori, non solo non vengono coperte le spese per i controlli alla nostra salute ma, adesso, non possiamo neanche parcheggiare i motorini o le vespe a fianco dei mezzi appartenenti ai loro dipendenti”.
I lavoratori, già nelle prime ore della mattina, davanti al divieto di accedere all’area parcheggio: si sono schierati di fronte ai cancelli per protestare.

Un’ora di trattativa e il blocco, almeno per oggi, è stato eluso.
“Sono convinto – dice un sindacalista – che il problema, purtroppo, si ripresenterà anche domani. Ma è mai possibile che simili decisioni non vengano comunicate neanche ai sindacati? Questo comportamento dei vertici della raffineria di Gela rischia, veramente, di accendere animi già frustrati dall’assenza di lavoro”.

Nessuno degli operai dell’indotto, infatti, ha voluto cedere davanti al diniego di accedere al parcheggio.
“Noi non accettiamo – dice un lavoratore della operativa Comeco – un trattamento da subordinati. Perché dovremmo rischiare di non ritrovare moto o motorini al termine del nostro turno? E’ chiaro che senza un controllo, questi mezzi diventano preda di tutti. Noi abbiamo lottato per ottenere un diritto che ci viene sottratto nel corso di una notte. Non accettiamo una classificazione fra lavoratori: fra chi sta in seria A e chi, invece, milita in B o C”.

Chiuse 190 mila imprese per usura

Fonte: Ansa.it

Sono 190 mila le imprese che negli ultimi 3 anni hanno chiuso i battenti per usura o debiti. Un fenomeno dilagante che oggi, grazie alla crisi, tocca 200 mila commercianti, con posizioni debitorie per oltre 600 mila unita', costrette a pagare tassi di interesse annui fino al 240%. Lo indica Confesercenti in occasione oggi del 'No usura day', facendo il punto sul fenomeno, aggravato dalla crisi. Circa 20 miliardi il tributo pagato ogni anno dai commercianti.

sabato 19 novembre 2011

Cgil, illegalità costa 300 miliardi all'anno

Fonte: Ansa.it

L'illegalita' - dalle mafie alla corruzione, dall'evasione fiscale all'economia sommersa - costa al Paese 330 miliardi l'anno. E' la denuncia della Cgil, che sulla base di queste stime rivolge un appello al neo-premier Mario Monti: ''Mi auguro che quanto detto nel suo discorso programmatico sul tema della legalita' diventi rapidamente azione concreta di governo. E' urgente invertire la rotta''.
Sono risorse - sottolinea - sottratte agli italiani e alle imprese oneste, a cui vanno restituite.

mercoledì 16 novembre 2011

Calogero Speziale, "l'Eni vuole imporre anche i metodi sindacali"

Fonte: Visionedioggi.it
Di Rosario Cauchi

Non si è ancora conclusa la vicenda che vede coinvolti tre ex lavoratori dell’azienda Cedis, esclusa dal petrolchimico gelese per un procedimento giudiziario subito dai suoi dirigenti, e costantemente in protesta per riottenere il rientro in fabbrica al pari dei colleghi.

Adesso, interviene anche il presidente della commissione regionale antimafia Calogero Speziale, che accusa l’amministratore delegato di Raffineria di Gela s.p.a. Bernardo Casa di voler
avere voce in capitolo anche sulle modalità delle proteste organizzate dai lavoratori.
Ieri pomeriggio, infatti, una lettera, firmata dallo stesso ingegnere Casa, è pervenuta alle sedi di tutte le sigle dei sindacati edili: impegnati, da quasi tre anni, nella trattativa per consentire ai tre lavoratori ex Cedis di ritornare a lavorare.

Nella missiva, inviata anche alla procura della repubblica di Gela, si accusano i sindacalisti di aver bloccato, lo scorso 7 novembre, il cambio turno dei lavoratori Eni minacciandoli.
Il blocco dei cancelli, con i tre lavoratori ex Cedis incatenati davanti ai tornelli, si protrasse anche nel corso della notte.
Stando all’amministratore delegato del gruppo, sia gli operai impegnati nel picchetto che i sindacalisti presenti avrebbero minacciato gli altri lavoratori non consentendogli l’accesso in fabbrica.

“Questo ammonimento – dice il deputato regionale Calogero Speziale – ha del sorprendente. Non mi era mai capitato di assistere a cose simili nella mia intera carriera, di lavoratore e di politico. L’ingegnere Casa pretende di giocare due parti in commedia: quella di amministratore delegato di un importante gruppo economico e quella di dirigente sindacale”.

Anche i sindacalisti richiamati dal dirigente della raffineria gelese hanno accolto con molta sorpresa l’intervento del massimo esponente locale del gruppo Eni: escludendo, categoricamente, la fondatezza della ricostruzione fornita dall’ingegnere.
Mai, infatti, nella lunga storia dei rapporti sindacali con la multinazionale, si era arrivati a tanto.

“Per giunta – aggiunge ancora l’esponente del Partito Democratico – la raffineria, tramite i propri dirigenti, attacca i sindacalisti e la loro attività di sostegno ai lavoratori in difficoltà ma, allo stesso tempo, non si presenta in prefettura per partecipare al tavolo aperto dal prefetto Umberto Guidato e necessario per risolvere la vertenza di tre operai che chiedono solo di rientrare in fabbrica come gli spetterebbe”.
I sindacati gelesi non escludono l’avvio di un’azione giudiziaria nei confronti dei vertici di Raffineria di Gela s.p.a.